mercoledì 2 aprile 2014

Un più profondo senso dell'immagine, testo di Beppe Giacobbe per Annual Autori di Immagini 2014


L'Associazione Illustratori Italiani compie 34 anni. 
La mia tessera è la numero 13. 
Nel 1980 ero un giovane principiante e in tutto questo lungo tempo nonostante il grande lavoro svolto dall'AI per promuovere, valorizzare e divulgare il nostro bellissimo mestiere ancora succede che quando qualcuno mi chiede “Che cosa fai?” rispondo "L'illustratore" ma lo sguardo smarrito e interrogativo dell’interlocutore mi costringe a spiegare che cosa vuole dire.

In una tradizione che affonda le radici nei secoli passati ed è in continuo dialogo con le ricerche artistiche l'illustratore è uno sconosciuto, è un silente visionario che "immagina" e con il suo personale linguaggio trasfigura le parole e le illumina di senso. La sua è una capacità di sintesi che intrappola e affascina; lui sa quanto un'immagine abbia il potere di arrivare direttamente al sistema nervoso coagulando ricordi, emozioni e sensazioni, giungendo molto prima della lettura di un testo. E’ un commentatore visivo, non compila didascalie.

Nel testo “Logica della sensazione” Francis Bacon dialoga con Gilles Deleuze sul tema della figurazione toccando un punto molto dibattuto:
“Dipingere le forze.
Da un altro punto di vista, la questione della separazione delle arti, della loro rispettiva autonomia, della loro eventuale gerarchia, perde ogni importanza. C'è infatti una comunanza delle arti, un problema comune. Nell'arte, in pittura come in musica, non si tratta di riprodurre o di inventare delle forme, bensì di captare delle forze. È per questa ragione che nessuna arte è figurativa. La celebre formula di Klee " non rendere il visibile, ma rendere visibile" non significa nient'altro. Il compito della pittura si definisce come il tentativo di rendere visibili delle forze che non lo sono.”
«Un più profondo senso dell’immagine» aggiunge Bacon e quella sua frase annulla il dilemma tra arte o illustrazione, artista o illustratore.

Potrei fermarmi qui.

Apro una questione che mi sta a cuore.
Alcuni dei più grandi giornali e quotidiani nazionali pubblicano immagini senza citarne l’Autore. Quelle immagini provengono da grandi archivi che contengono illustrazioni di tanti autori e basta citare l’agenzia per non incorrere in grane legali. L’Autore diventa tristemente inesistente non solo come firma, l’immagine perde la sua paternità o forse meglio dire la sua maternità. L’Autore, la sua autorevolezza e capacità visionaria non servono più, si pesca dal mega archivio stock e le illustrazioni diventano una merce qualunque, come hamburger o scarpe da tennis, uguali per tutti. Ma il vento sta cambiando e persino nel mondo del commercio si aprono nuove visioni: Eataly propone la personalizzazione dei prodotti di consumo dove il produttore ha una sua statura. La richiesta di volti veri, di esperienza e passione dietro a una mozzarella o a un pacco di maccheroni è la stessa che prevedo tornare nuovamente nel mondo dell’illustrazione.
C’è un ritorno alla terra, alla coltivazione come la facevano i nostri nonni, a usare le mani con la saggezza della Natura e anche tra noi illustratori c’è questo bisogno: abbiamo saltato una generazione, siamo passati al digitale come se penna e carta non servissero più e invece i giovani oggi sentono nuovamente il richiamo delle radici, l’insegnamento dei maestri che hanno camminato prima di loro.
Siamo a una tale saturazione di digitale per cui il rapporto sensuale con le materie, i colori, i supporti, le tecniche, comincia a prevalere sulla massa di immagini create da chiunque abbia un telefonino o un tablet. Vedo tanti giovani che hanno percepito questo cambiamento e sono ottimista sul futuro dell’illustrazione in Italia.

Pe farsi rispettare, per dare nuova vita al nostro lavoro, per emergere e per resistere all’appiattimento bisogna fare qualcosa di ancor più personale. Prendere la strada opposta a quella che viene offerta. E’ una scelta che non è popolare né di mercato, ma è l’unica salvezza fuori dalla massa.
L’illustratore deve uscire dalla trappola della banalità, essere comune ma non ovvio, deve suggerire un nuovo angolo di lettura che prospetti aperture. Vedere dentro, vedere oltre, vedere il nuovo e conoscere il vecchio.

Avviso ai naviganti: prepararsi scrupolosamente per improvvisare.